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I sistemi domotici sono tenuti nel giusto conto nella classificazione energetica degli edifici ?

5531 Ultima modifica dell'autore su 26/08/2013 - 23:43


I sistemi di controllo domotici - e più in generale di building automation - non sono tenuti in considerazione nella classificazione energetica degli edifici, almeno per quanto riguarda la classificazione riportata negli ACE redatti ai sensi delle linee-guida nazionali.

Premesso che la building automation non è nata solo per abbattere i consumi di energia (anzi, è considerata cosa da benestanti perché persegue ben altre funzionalità), un edificio nel quale sono installati sistemi evoluti di supervisione e controllo puó invece essere classificato in base alla scala definita dalla norma UNI 15232, a volte chiamata “classe BACS”.

Anche tale classificazione è fatta con una lettera, che va da D a A passando da edifici sprovvisti di controlli automatici a edifici completamente monitorati; per essa, il livello di riferimento per un edificio dotato di automazioni standard, ma non-domotiche, è C.

Ad oggi però questa caratterizzazione non determina alcun effetto sulla classe energetica di un'edificio riportata nell'Attestato di Certificazione Energetica.

Quali i motivi di tale anomalia ?

La classe energetica dell'ACE è notoriamente stabilita in base ai calcoli stabiliti dalle UNITS 11300, che nella norma nazionale servono a stimare l'Ipe. A prima vista può sembrare che la classe BACS si basi invece su elementi qualitativi-descrittivi, cosicché le due classificazioni parrebbero incommensurabili.

In realtà non è così. L'equivoco è diffuso perché in fase di progetto la classificazione della UNI 15232 consente l'uso dei "BAC factors", determinati su base statistica e quindi tabellati su classificazione preliminare di tipo qualitativo, talché il calcolo che ne segue può sembrare un'inutile riprova.

Eppure, si può constatare che le 11300 e la 15232 hanno in realtà la stessa base teorica, che è costituita dalla norma EN ISO 13790 - "Thermal performance of buildings - Calculation of energy use for space heating and cooling".

Un metodo assolutamente numerico, dunque, grazie al quale la classe BACS consente la determinazione del risparmio di energia ottenibile per "riduzione del fabbisogno", seppure su numeri criticabili nella fase di progetto (i BAC factors sono forzatamente riferiti a casi generalizzati).

Il motivo è un altro, e un indizio lo si scopre leggendo l'introduzione alla UNITS 11300-1 ed.2008:

“La presente specifica tecnica è rivolta a tutte le possibili applicazioni previste dalla UNI EN ISO 13790:2008: calcolo di progetto (design rating), valutazione energetica di edifici attraverso il calcolo in condizioni standard (asset rating) o in particolari condizioni climatiche e d'esercizio (tailored rating).”

Di fatto, per le redazioni degli ACE i software commerciali predispongono l'utente alla sola utilizzazione del calcolo standard, e i progettisti vi si sono adeguati volentieri fin dalla redazione delle relazioni ex art.28 della L.10/91, per le quali nelle applicazioni ricorrenti si fatica a vedere una differenza significativa del calcolo di progetto rispetto allo standard.

Così, in tale modalità le influenze dei sistemi di regolazione e controllo continuano ad essere quantificate con le tabelle dei "rendimenti di regolazione" (prospetto 20 della 11300-2 ed.2008), che in funzione della tipologia forniscono il "moltiplicatore di efficacia", sempre minore dell'unità.

In sostanza, non si ammette che un sistema di controllo possa influire sulla domanda di energia funzionale al termocondizionamento (diciamo, per semplificare, il fabbisogno di energia termica utile per riscaldamento): la Qh è considerata una caratteristica dell'immobile con le sue destinazioni d'uso, considerato tutto occupato, e quindi integralmente riscaldato o raffrescato, in ogni momento del periodo di riferimento.

Le abitudini o le attitudini dell'utenza non entrano in gioco, e tutto ciò per un obiettivo: avere un parametro di raffronto fra edifici diversi in condizioni d'uso assolutamente paragonabili (tutto occupato). Asset rating, appunto.

Nella convinzione del normatore del 2008, alla fine del processo iniziato nel 2005, questo non poteva che essere considerato ovvio: quanti sistemi di building automation erano presenti o in procinto di essere installati?

Paragonabile, dunque, non poteva significare "anche in caso di sistemi domotici", che per loro natura tendono a permettere la parziale disattivazione dell'impianto laddove non serve, quando non a modificare le caratteristiche del complesso (es: parasole o schermi automaticamente orientati per ottimizzare gli apporti gratuiti e impedire i surriscaldamenti).

Le cose cambiano, e questi sistemi sono in grande espansione sul mercato. Sono anzi fra gli interventi più promettenti (fuori del residenziale, ma non è detto...) per limitare i consumi degli edifici.

La capacità di un sistema domotico è quella di limitare la domanda di energia, di fatto andando a incidere sulla Qh, prima che intervenga la regolazione analogica tradizionale. I fattori d'occupazione non sono pari all'unità. E soprattutto il risparmio di energia rispetto a un edificio che ne è sprovvisto può essere di decine di punti percentuali: tutto questo non può essere quantificato con una semplice modifica delle tabelle della norma UNI 11300-2.

La questione è tutt'altro che secondaria.

Vista la funzione regolatrice del mercato immobiliare assolta dall'ACE, chi installerebbe sistemi di BA in edifici destinati al commercio, nuovi o ristrutturati, se non vi si può far leva per aumentare l'appetibilità al cliente ? Nessuno, ovviamente.

Finora, chi ha basato campagne promozionali su costruzioni vendibili sulla carta si affidava alla domotica per cercare una fascia "alta" del mercato di riferimento, certamente facendo leva più sulle attrattive della tecnologia che non sull'efficienza energetica.

Ormai però i prodotti domotici sono accessibili a una fascia "media" del mercato, e cominciano a essercene di già pensati per il solo risparmio energetico.

Per di più, sono fra quelli adatti a interventi "low hanging fruit", e interessano alle società lanciate verso il nuovo eldorado della gestione con riqualificazione dei patrimoni immobiliari, oltre che agli utenti finali interessati alla riqualificazione della propria casa.

Quali possibili soluzioni ?

Una prima possibilità sarebbe l'istituzione di una classificazione a due lettere, la prima sostanzialmente coincidente con l'attuale e la seconda determinata dalla classe BACS.

Si avrebbero così edifici in classe A-C (una classe A senza domotica), C-B (un edificio conforme al limite normativo attuale con l'aggiunta di sistemi domotici di qualità intermedia) o addirittura G-A (un edificio storico di pessime caratteristiche energetiche, in uso direzionale come tanti uffici della P.A. nei centri storici, con un impianto a combustibili fossili ma ben articolato in zone termiche governabili da un evoluto sistema domotico che ne consenta l'ottimale frazionamento d'uso e un'economia d'esercizio non perseguibile con interventi sull'involucro).

Tutto questo lascerebbe le norme tecniche come sono, ma permetterebbe con chiarezza di apprezzare i vantaggi delle BA sul patrimonio storico.


L'altra opzione è quella di consentire direttamente la valutazione degli effetti dei BACS sulla classe energetica, ridefinendo le condizioni standard per il confronto fra gli edifici, estendendole ai calcoli di quello che oggi è ammesso solo nel design rating.

Si può obiettare che in questo modo una domotica efficiente potrebbe influenzare la classe energetica al punto di nascondere le inefficienze dell'involucro edilizio, con cattiva informazione all'acquirente-consumatore.

In fondo, però, già oggi l'influenza di alcuni sottosistemi impiantistici porta a sopravvalutare le prestazioni energetiche di certi edifici-colabrodo: basta una stufa a pellet, e un edificio in pietra con scarsi isolamenti finisce per ricadere in classe B o C solo perché l'energia primaria viene stimata nel 30% della Qeph che servirebbe con un combustibile fossile. Come se un generatore a pellet fosse più stabilmente integrato in un edificio di quanto non lo sia un sistema domotico.

I tempi sono probabilmente maturi per questa evoluzione.

Si avverte, tuttavia, che la formazione dei certificatori necessita di essere aggiornata con le necessarie conoscenze sui sistemi di Building Automation, in modo da non lasciarsi fuorviare dalle facili categorizzazioni “tabellari” dei sistemi domotici.

In effetti la loro diffusione – e differenziazione in qualità ed efficacia ! - sta procedendo a grandi passi, anche dettata dalle politiche commerciali e dal traino della connettività via web.

Ad esempio, i termostati ambiente connessi al mobile-network stanno diventando prodotti ordinariamente disponibili a banco, con pubblicità piuttosto aggressive che spesso sfociano nella pubblicità ingannevole, come ha dimostrato un recente caso finito al giudizio dell'antitrust negli stati uniti:

http://www.casaeclima.com/index.php?option=com_content&view=article&id=15873:pubblicita-scorretta-sui-termostati-lantitrust-condanna-nest&catid=924:latest-news&Itemid=171

E' opportuno che un buon certificatore sappia prendere le distanze dalle eccessive generalizzazioni, disponendo delle conoscenze necessarie a giudicare ogni singolo caso.

In tutto ciò, non va taciuto l'aspetto dell'eccessiva complessità di alcuni sistemi, quando non delle esagerate aspettative, quasi fideistiche, che vengono riposte in prodotti troppo “autosufficienti”.

Bisogna ammettere che alcuni sistemi di supervisione e controllo per uso non residenziale necessitano, per espletare al meglio le proprie potenzialità, di personale adeguatamente formato a manovrarli. Si dimostra anzi che lasciarli in funzione in assenza di consapevoli interventi umani può portare a clamorose inefficienze già nel breve periodo.

Simmetricamente, molti sistemi domotici (cioè destinati a utenze domestiche) sono così escludenti della partecipazione dell'utente che costui finisce per dimenticarsi completamente delle più normali operazioni di manutenzione: l'esempio banale è la sostituzione delle batterie sulle valvole ad azionamento radio, che provoca nell'utenza una progressiva e crescente disaffezione.

Insomma, per ottenere il meglio dalla Building Automation sarebbe opportuno non dimenticare che nella gestione di ogni sistema complesso – e gli impianti lo sono - difficilmente si può escludere del tutto l'intervento dell'uomo, pena il decadimento delle prestazioni.

A questo punto nascono nuove domande, ad esempio: esistono già dei sistemi domotici che superano queste problematiche , e quali possibilità ci sono che diventino prodotti per tutti ?

In ogni modo, occorre prendere atto che l'ACE, così com'è redatto ora, non dà modo di contare l'effetto dei sistemi domotici sulle prestazioni degli impianti energivori, e quindi rischia di fare da freno allo sviluppo del settore, quando non ai benefici conseguibili in termini di riduzioni di emissioni climalteranti.

Resta da vedere se nelle nuove norme sulla classificazione energetica, conseguenti al recepimento della Direttiva 2010/31/UE, tale impostazione sarà riveduta e corretta, cosicché nel passaggio da ACE ad APE sia fatto spazio alle prestazioni indotte dai sistemi classificati BACS.

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Scritto da

iuri baldi